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Ti consiglio un libro (con intervista all’autore): Sempre più veloci

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Quando incontriamo il professor Ugo Amaldi fuori nevica forte. «Con questo tempaccio è stata una fortuna avervi risparmiato la trasferta a Ginevra», ci dice sorridendo. Inizialmente infatti avremmo dovuto incontrarci proprio a Ginevra, in uno degli uffici del Cern, un luogo che ti viene da associare alla famiglia Amaldi quasi istintivamente. Senza dubbio pensando a Edoardo Amaldi, la persona che nell’immediato dopoguerra raccolse le ceneri della fisica europea e promosse la nascita stessa del centro di ricerca, di cui divenne il primo segretario generale; e soprattutto avendo di fronte Ugo Amaldi, che se si esclude una breve parentesi giovanile all’Istituto Superiore di Sanità, al Cern ha trascorso una vita intera, dirigendo esperimenti internazionali con gli acceleratori di particelle che hanno contribuito alla comprensione del Modello Standard, la teoria che raccoglie tutte le proprietà del mondo subatomico.
 
Oggi però Ginevra è lontana. La finestra incornicia la torre innevata del Castello Sforzesco. Siamo a Milano, in uno degli uffici della casa editrice Zanichelli, alla quale, proprio come accade col Cern, è difficile non associare il nome Amaldi. La persona che si sistema il microfono davanti alla nostra telecamera è infatti l’autore del libro di fisica della casa editrice bolognese più diffuso nelle scuole superiori italiane, un testo sul quale nel corso degli anni hanno studiato più di due milioni di ragazzi.
E allora scrivendo Sempre più veloci – Perché i fisici accelerano le particelle: la vera storia del bosone di Higgs, libro edito da Zanichelli nella collana Chiavi di lettura, Ugo Amaldi ha forse voluto mettere insieme due delle sue più grandi passioni: raccontare la storia della ricerca condotta con gli acceleratori di particelle rivolgendosi a un pubblico di ragazzi che comincino ad affacciarsi al mondo della fisica. Così ci mettiamo nei panni di un ragazzo di vent’anni o poco più, e la prima domanda che rivolgiamo al professor Amaldi non può che riguardare il titolo del libro: perché i fisici continuano ad accelerare le particelle per portarle a essere sempre più veloci?

 
Gli «acceleratoristi»
Quando si pensa a un fisico, solitamente si hanno in mente due figure: la prima è quella del teorico, che studia le leggi della natura e utilizza il linguaggio della matematica per costruire modelli che ci aiutino a interpretare il mondo che ci circonda; la seconda è quella dello sperimentale, che inventa sistemi sperimentali per verificare la validità dei modelli teorici eseguendo misurazioni. L’incredibile avventura intellettuale compiutasi nel corso del ventesimo secolo nel campo della fisica delle particelle, culminata con la scoperta del bosone Higgs, l’ultimo tassello del Modello Standard, non sarebbe stata tuttavia possibile senza la presenza di una terza categoria di fisici, quella che Ugo Amaldi chiama degli «acceleratoristi». Si tratta delle persone che lavorano dietro le quinte degli acceleratori e dei rivelatori di particelle, quelle che “si sporcano le mani”, quelle che fanno in modo che le macchine funzionino a dovere. Ma anche e soprattutto quelle che inventano nuove tecnologie sperimentali che consentono alla ricerca di compiere balzi in avanti. La storia della fisica del novecento è costellata di grandi «acceleratoristi», tra i quali figurano personaggi davvero straordinari come Ernest Lawrence, Bruno Touschek, Gers Budker e Simon van der Meer, senza il contributo dei quali oggi non avremmo a disposizione il Large Hadron Collider (LHC), la macchina più grande mai costruita dall’uomo. Sempre più veloci diventa allora un libro prezioso anche per quanti mastichino la fisica già da un po’, perché racconta le storie di scienziati che hanno tracciato solchi fondamentali nel campo della ricerca, di cui però sentiamo parlare molto raramente.


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